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Storia e usanze sul vino nel medioevo           
                                             Vinumm naturalis factus...

Il vino può rappresentare oltre che un elisir di salute, anche una pagina di storia.
Naturalmente c'è bisogno di qualcuno che la racconti, e... qualcuno che desideri leggerla!

"Un piccolo preambolo" di storia antica del vino è necessario per collegare
i vari periodi storici e comprenderne gli sviluppi fino
al periodo medievale. Con un minimo di umiltà non scriveremo: Così avvenne! Ma: Cosi crediamo che avvenne...
partendo dall' oblio, se vogliamo... del passato.

La storia del vino è storia dell' esistenza umana, sì perde nella notte dei tempi... ,
nonostante ciò, precise informazioni tratte da ritrovati archeologici, incisioni, pitture e manoscritti antichi, permettono
di risalire sia a periodi che a contesti identificabili in modo sufficientemente chiaro, ed è da qui che nasce la nostra opinione storica sul vino, sia in riferimento alle usanze, come anche all utilizzo terapeutico di questa bevanda nonchè
al suo uso-impiego a scopo religioso!

Nonostante molti suggeriscono la teoria sulle origini indiane della storia del vino o la più documentata pista caucasica, è e rimane un fatto incontestabile
che la vite cresce in tutti i continenti e sia flessibile a climi molto differenti, da quelli subtropicali a quelli montani per
esempio delle alpi, intorno ai 1000 metri di quota, ed in Armenia ad oltre i 1600 metri !
Insomma, fino a ben oltre il 46° parallelo Nord.

Pur considerando che il vino è una cosa del tutto naturale, la sua creazione, o meglio, l'accompagnamento alla sua nascita, è un fatto indissolubilmente legato alla mano dell'uomo, al suo modo di vivere, al proprio credo e cultura!

Ciò suggerisce di impostare una ipotetica ricerca non tanto in maniera geografica, quanto parallelamente alla storia dalle popolazioni indigene, dei vari luoghi!

Anche volendo forzare la ricerca ad una specifica posizione
geografica originaria ed affidabile, di una ipotizzata nascita del vino, si arriverebbe
rapidamente a Noe del quale si menziona la sua ubriachezza .
La datazione, si riferisce e si calcola a intorno al 2.900 a.C. circa 5000 anni fa, non molto lontano dal monte Ararat in Turchia orientale a confine con l' attuale Iran . Altri ritrovamenti, ritenuti ancora ca 1000 anni più antichi, quindi "pre-diluviani", sono delle giare all incontro tra Turchia Georgia ed Iran, in Armenia, in un paese che sì chiama Areni, guardacaso vicinissimo al monte Ararat (praticamente a portata ottica) anche se il monte sì trova dopo il confine Turco.. e non lontano dall odierno Iraq o antica mesopotramia, con ancora residui secchi di vino. Secondo la ricerca, pubblicata sul Journal of Archaeological Science, il vino sarebbe stato custodito in giare in ambiente fresco e asciutto di una grotta – ideale come cantina per una lunghissima conservazione.

Sul racconto dell' arca (e della ubriachezza di Noè), abbiamo varie ricerche ed opinioni contrastanti, ma nessuno studioso può neppure osare di negare l' esistenza di questo racconto (biblico) appartenente già alle più antiche leggende di popoli nordici, Celti e Scandinavi, ed anche medio orientali ( babilonesi,) indiane che anche occidentali, leggende che spiegano gli stessi avvenimenti pur provenendo da popolazioni che si trovano a distanze lontanissime tra loro.

Essendo a livello storico ogni teoria che vada più indietro della culla della civiltà mesopotamica, e dei popoli degli Accadi e dei Sumeri, non affidabile, (a causa che non esistono scritti umani ma solo ritrovamenti datati a volte in maniera dubbia,) non svilupperemo racconti sull epoca quaternaria, e i periodi Pleistocenici o Paleocenici ecc. basati solo su congetture, che vanno molto oltre questo periodo anzi, li scavalcheremo a piè pari. Menzioniamo il fatto rilevante che questi popoli mesopotamici erano un miscuglio, o meglio, una multietnia di non semiti i Sumeri, e semito-camiti, gli accadi, con varianti quindi , dalla pelle bianca, fino alla pelle nera.

Da quelle zone, corrisponenti ad antichissimi ritrovamenti, se ne annoverano altri, via via più recenti, allontanandosi da esse.
Ciò non risponde ad una casuale coincidenza, ma segue una linea temporale, che accompagna l' andamento dell' occupazione via via espandendosi di nuovi territori e delle varie migrazioni.

Tra i più antichi in assoluto sono i ritrovamenti nella Georgia, una zona del Caucaso ad est del mare Nero e nella attuale Romania, sempre intorno al mare Nero (ovest), i quali rispondono ai più antichi ritrovamenti in europa di oggetti per la caccia e pesca, ornamenti, bracciali in oro, giare ed anfore interrate, non per caso, in corrispondenza di quelle che si ritiene siano le più antiche zone di spostamenti migratori dei popoli conosciute, crocevia sia per le popolazioni nordiche, che per le migrazioni orientali e mediterranee.

Sottolineiamo ancora questo fatto, perchè ancora oggi in questi territori (Georgia ad est del mar nero e Romania ad ovest,) vi si trova una particolare moltitudine di etnie molto differenti, non scusabile storicamente con qualche guerrafondaia invasione,( credeteci, non ci sono solo i daco-romani e i gitani di etnie indiane, ma germani magiari, popoli balcanici, turchi, i classici traci (somiglianti ai greci ed i popoli del sud Italia,) i caucasici russi, mongolo-cinesi ... di tutto!) Inoltre vi si trova anche una particolare elevata varieta di viti, ( definite ad oggi autoctone a causa della loro presenza millenaria, ma è nostra opinione, che molte uve siano arrivate da altri luoghi, proprio perchè importate durante quegli spostamenti umani.)
Nulla si vuol togliere alle popolazioni nella direzione opposta, potrebbe essere questa già la culla del mondo oppure il risultato di migrazioni iniziate "come da leggenda", dalla turchia orientale ma in direzione delle regioni della Mesopotamia e dell' arabia. Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono infatti, già vari tipi di vino. ( Le regioni mesopotamiche avevano situazioni climatiche al tempo, molto differenti da quelle dei nostri giorni. ) allo stesso tempo in Sardegna nei Nuraghi ca del 2000 a.C. sì riscontrano numerosi ritrovamenti di attrezzature come vasche e tini per fare il vino.

Menzioniamo che la "Terra del vino" o Enotria, così chiamata già dagli antichi Greci, corrisponde alla odierna regione del sud Italia della Calabria. In tempi ancora piu remoti, i Fenici nominarono l’angolo di terra tra il Mar Nero ed il Mar Caspio appunto “Terra del vino”, da qui la nostra personale espressione "Enotria" ma riferendoci per sinonimo anche al territorio della Romania (Valacchia) ed alla Georgia.

Non è un caso neanche questo, che in quei territori nelle case piu antiche vi si tovano ancora vecchie giare interrate con il solo ingresso fuori terra ed ancora si faccia il vino con quegli antichissimi metodi (non medievali ma ancora più antichi.)

Un produttore al mondo che merita attenzione e del quale scriviamo liberamente, è Josko Gravner il quale produce un vino (il Breg) il quale viene affinato per un certo periodo in anfore georgiane interrate, senza ne controllo della temperatura, ne chiarifiche ne filtrazioni, ma guardando ai tempi o fasi lunari... come nell' antichità. Insomma un autentico tributo ad una ricerca sincera e profonda per ritrovare un vino antico.

Questa menzione ci sembra quasi obbligata visti i rarissimi esempi di produzione realmente naturale, e con uno sguardo rivolto alle origini.
Riassumendo, non da un pulpito di saggi, ne di luminari storici, ma dalla nostra umile posizione di appassionati del vino e della sua storia, la concomitanza di racconti da testi sacri, da antichissime leggende, di ritrovamenti in corrispondenza dei punti nevralgici di grandi migrazioni, insieme alle multietnie presenti ancora ad oggi in loco e alla varietà elevatissima sempre sul posto, (in modo che potremmo definire "anomalo") di cloni (varietà) di vite, ci fa ben presupporre che stiamo interpretando in chiave corretta i dati dalle varie fonti.

Fine del preambolo.

Vogliamo definire tempi 'intermedi' quelli che separano l' arcaica antichita mesopotamica dal periodo medievale, con lo sviluppo dei vari imperi susseguitisi, dei quali non faremo approfondimenti particolari, ma menzioniamo il fatto certo, che il vino, come bevanda da uso e consumo, ha avuto periodi di contrazione ma anche di grande sviluppo, divenuto anche un grande (Business) o commercio, a causa del suo consumo estesosi ad ogni ceto sociale, in determinati periodi. Esso veniva fatto in modi o tecniche sempre simili ma che e stato spesso (non per regola, ma frequentemente,) mischiato ad altre bevande o diluito con acqua, o speziato, cotto, insomma, nel tempo le sfumature dei sapori sono state veramente molte. Una citazione pertinente, riguarda anche la produzione dell' Idromele (fermentazione del miele nell' acqua) nell' area mediterranea, la fermentazione di altri frutti oltre alle bacche di vite, (bacche di ribes, lampone ed altre... che portavano la nomina di vino.) Il sidro (dalla fermentazione delle mele e... pere) e della birra,presente sia in egitto che nelle regioni del nord europa.

Un primo accenno a quella che diventerà poi una pratica medievale, durante l'impero romano, mentre era non solo frequente la diluizione del vino con acqua, ma quasi una regola, (il presidente di simposio era il responsabile di tale pratica,) i popoli nordici invece, (sia nel medesimo periodo che nei seguenti,) bevevano il vino puro e semplice, o non diluito. E da sottolineare escludendo le importazioni mediterranee verso nord, che i vini nordici erano per natura meno alcolici e non necessaria quindi la diluizione se non per addolcire l' asprezza di uve non perfettamente mature. Una libera menzione di un vino veramente aspro o di montagna, e lo Schilcher, o piu raramente chiamato Schiller (crediamo sia ad oggi, il vino più aspro al mondo ma accettiamo ev. correzioni) un vino ancora oggi prodotto da uve autoctone presenti anche a 1000m di quota, nelle regioni montane della Stiria in Austria, del quale dall' anno 1580 si hanno gia testi informativi certi.

Breve accenno sulla situazione climatica e culturale del medioevo
Il fenomeno della migrazione dell' uomo è un insieme di complesse dinamiche sociali, economiche e culturali tra di loro concatenate, ma il fattore più determinante che lo provoca, è la ricerca di terre fertili e produttive, quindi è e rimane il clima!
Riguardo alle più grandi o epiche migrazioni, si puo dire che all' inizio del medioevo (476 d.C. data convenzionale) corrispondente alla caduta dell' impero romano d'occidente, erano per i maggiori casi, gia praticamente concluse, se escludiamo le (ri) migrazioni longobarde (etnie germaniche) da nord verso sud alla ricerca di migliori condizioni di vita ma piu tardi anche a causa del mutare graduale delle condizioni climatiche del Nordeuropa. (Queste lente migrazioni erano gia in atto ancora ben prima della caduta dell impero.)

Per dare un idea del mutameno climatico nel corso del medioevo accenniamo alla storia di Erik il rosso (Norvegia 940 Groenlandia 1010 d.C.) il quale, esiliato prima in Islanda a causa di un omicidio da lui compiuto, e più avanti espulso, (partito per la Groenlandia) per un altro ennesimo omicidio (in una rissa,) fece ritorno in Islanda al termine del periodo imposto di esilio, chiamati degli amici, raccontò che la Groenlandia è una terra verde e ricca di pascoli, convinse così un gran numero di persone le quali partirono con un numeroso gruppo di navi piene dei nuovi coloni che occuparono quelle terre per alcune centinaia di anni.

Questo periodo viene definito, periodo del grande caldo medievale e comprende ca 500 anni, (dal IX secolo al XIV secolo) ma che si puo circoscrivere per punte estreme di caldo, al 950 fino al ca 1150 d.C. nel quale appunto e compreso il periodo della vita di Erik il rosso.

Il nome di battesimo della "Groenlandia" o Greenland che vuoldire terra verde, ( una terra in realtà veramente fredda ed inospitale), è stato determinato a motivo di quel periodo di grande caldo medievale.

Ma lentamente il grande caldo cessò! Una graduale diminuzione ed inversione di tendenza delle temperature medie ebbe inizio, fino a divenire una nuova micro-glacazione, con durata del grande freddo che va ben oltre la fine del medioevo ( la piccola era glaciale copriva l'arco di tempo che va da circa il 1550 fino al 1850.) Si tratta di un fenomeno menzionato da varie fonti, che arriva quindi con certezza fino all 1800 inoltrato.
Nel medioevo i Vichinghi dovettero abbandonare la Groenlandia, l’ultima notizia scritta di quei luoghi riguarda una festa di nozze celebrata il 16 settembre 1408.
Quasi la stessa sorte toccò anche all' Islanda la quale non fu però completamente abbandonata.

A partire dal tardo medioevo in poi, i villaggi montani più a ridosso dei ghiacciai, vivevano sempre più spesso situazioni estreme, nelle quali la neve si ritirava per periodi sempre più brevi. I periodi di innevamento sempre più lunghi anche dei valichi montani impediva per lunghi periodi ogni forma di commercio e ciò contribuì ad un graduale spopolamento di quei luoghi. Addirittura molti villaggi scomparirono del tutto, perchè vennero letteralmente inghiottiti dai ghiacciai ormai in continua espansione.
La vita si rese gradualmente sempre più difficile sia in montagna che a latitudini elevate, ciò, provocò nuove ondate di migrazione, tra le quali, il rafforzamento della emigrazione già in atto nella penisola italica (invasione per i libri di storia) delle etnie longobarde, a causa anche della assenza ormai degli ostacoli dello scomparso dominio romano.

Una cronologia embematica riguardo al clima difficile in Europa, esprime in modo vivo la situazione nei vari periodi. (Fonte www.lacorte.fvg.it )

1006 o nell’antecedente, terribile carestia e pestilenza afflisse l’Italia, e si estese grandemente in Europa. (da: Muratori Ann. d’Italia anno 1006) (Di Manzano pag. 8 vol. II)

1013 nell’autunno di quest’anno accaddero in Italia piogge dirotte ed inondazioni di fiumi. (da: Muratori Ann.d’Italia anno 1013) (Di Manzano pag. 10 vol. II)

1165 gran neve cadde in quest’anno in Friuli, e si mantenne a sorprendente altezza sino a tutto ilmese di marzo. (da: Detto) (Di Manzano pag. 150 vol. II)

1182 fra l’ottava dell’Epifania spirò un vento sì impetuoso per tre giorni in tutt’Italia, che uccise molte persone ed animali e fece disseccare gli alberi. Erano inoltre 5 anni che infieriva la carestia per tutte le contrade dell’Italia, in modo che in alcune parti neppure con un’oncia d’oro poteasi trovare una salma, ossia soma di grano; per cui moltissimi contadini perirono, null’altro avendo per cibarsi che erbe. (da: Muratori Ann.d’Italia anno 1182) (Di Manzano pag. 170 vol. II)

1216 fu in Friuli oltremodo rigido l’inverno di quest’anno, e l’eccessivo freddo fece perire una quantità d’alberi e di viti. (Palladio St. del Fr. Par. I p. 208) (Di Manzano pag. 241 vol. II)

1234 l’inverno di quest’anno fu freddissimo e cagionò gran perdita d’alberi e viti, estrema carestia di viveri, morte di gran numero d’animali e grave pestilenza. (Palladio St. del Fr. Par. I pag. 225 _ Muratori Ann. dÆIt. Anno 1234) (Di Manzano pag. 317 vol. II)

1266, il giorno di san Lorenzo (10 Agosto) andò a fuoco la città di Spilimbergo. (Da: Chronicon Spilimbergense, Bianchi ed. 1856)

1276 grandi piogge, straripamenti di fiumi e inondazioni danneggiarono gravemente il Friuli. Il Natisone, addì 11 di settembre, crebbe si smisuratamente, che uscito dal profondo e dirupato suo letto, schiantò e trasse seco una porta del Borgo Brossano della città del Friuli (Cividale), allagò il cimitero dell’antica Chiesa di S. Pietro e Biagio in quella città, distrusse parte del muro pubblico alla pusternula e quella porta, atterrò alcune case e tutti i molini, giungendo sino all’altezza maggiore del ponte. (Nicoletti Patr. Raim. della Torre f. D aut. p. 60 e tergo - Cronaca di Giuliano can. nell’Append. all’opera del Rubeis M.E.A. pag. 22) (Di Manzano pag. 132 vol. III)

1284 addì 22 dicembre una spaventevole innondazione di mare, smisuratamente gonfiato, recò un incredibile danno a Venezia e a Chioggia, essendovi perite molte navi e persone, ed un esorbitante copia di merci. (Detto) (Di Manzano pag. 185 vol. III)

1304 nella festa di s. Biagio, addì 3 febbraio, cominciò a nevicare nella città di Cividale, e cadde tanta neve che non v’era ricordo in Friuli d’una sì grande quantità. Danneggiò molto gli alberi pomiferi, distrusse assai case, e nella contrada di Tolmino atterrò villaggi e case colla perdita dimolte persone e bestiame. Durò essa nella città sino al 15 aprile. (Cron. Di Giuliano canon.nell’append. al De Rubeis p. 30) (Di Manzano pag. 334 vol. III)

1306 - 4 ottobre. Cadde in questo giorno grandine si orribile, che in Cividale il suolo era coperto all’altezza maggiore d’un braccio, con rovina del territorio circostante, e con grave danno anche degli Udinesi. (Valvasone Li successi della Patria del Friuli) (Di Manzano pag. 358 vol. III)

1312 freddissimo inverno provò il Friuli nell’anno presente. (Bianchi Docum. Per la St. del fr. disp. I p. 38) (Di Manzano pag. 13 vol. IV)

Si riporta anche una altra cronologia embematica tratta da un catapano della curia di Vito d'Asio (Norditalia) che è un territorio della regione Friuli, dal clima gradevole e non a ridosso di ghiacciai, la quale conferma e rafforza la certezza che le temperature anche in Italia, non erano per nulla miti nel periodo della micro-glaciazione:

1629. 27 maggio. In detto anno fu carestia grande che la maggior parte della campagna restò incolta, et le vidi senza bruscare. Essendo morti dalla necessità circa 61 persone, et molti andati a star a Venezia et disfatto casa, de'quali s'ha havuto relatione che sono morti n. 35.

1633. (..) Piovè tutto il mese di giugno continuamente con venti grandi e con freddi ed in diversi luoghi fu tempesta. (..) Il giorno della commemorazione di S. Paolo la note fu qui in S. Vito d'Asio un vento si terribile e spaventoso che temevano le persone di dover morire. Scoperte assai case (..) e rovinò le vidi (..)

1641. 29 agosto. Il giorno della decolazione di S. Gio:batta fu si orida tempesta che lavò ogni cosa che a memoria d'uomini non s'è sentuta dire una maggiore, che faceva orore et spavento, nel qual giorno fu fatto voto in Comune di far festa.

1648. Fu l'estate tutto pioggia, et vento che non si poté seccare li fieni, solo al coperto, ma andò di male nonostante.

1649. 16 giugno. Continuò l'istessi tempi piovosi con diluvij, a segno tale che si dubitava di grande carestia. (..) 1649. Fu anco carestia ma non si grande che quella del 1629.

--- Anno 1709. Fu l'inverno molto rigido che si ghiaciava il vino nella botte (...)

---- ed anche nel ----- 1784. L'inverno fu di gran neve e in particolar nella Cargna. La primavera fu mite, l'estate tutto piovoso che durò la pioggia tutto giugno. Fu un anno di vino ordenariamente. Così la biava.----

Il tempo metereologico... contava molto!

La situazione economica e culturale del medioevo italico ed europeo.
Non verranno approfonditi i temi sulle scorrerie guerrafondaie degli Unni da est, Visigoti da nord e 1000 anni dopo, dei Turchi da sud e simili, perchè seppure hanno influito sulla caduta di imperi, poco hanno a che vedere con le reali migrazioni dei popoli ed il mutare dei loro costumi sociali, incluso il consumo del vino.

La caduta dell' impero romano prima in occidente e più tardi in oriente creò uno scenario di mutati confini politici, che insieme al generale decadimento sociale, non giovarono al libero commercio del vino.
L' aumento della povertà generalizzato e la mancanza di incentivazione sociale al consumo del vino, da l' avvio ad una riduzione degli impianti viti-vinicoli in tutta europa e poi anche in medio oriente , anche perchè il vino non veniva considerato essenziale alla sopravvivenza della specie umana, ma di nuovo, un qualcosa in più o riservato ai ceti sociali più elevati che potevano permettersi di accudire anche alle vigne e quindi di consumare vino.

Con la nascita del latifondo, la proprietà terriera rimase appannaggio di pochi per lo piu nobili, mentre il bracciante agricolo per sopravvivere doveva accudire al fondo del suo padrone oltre che lavorare direttamente per il proprio sostentamento. La corvè agricola indica un tipo di prestazione obbligata, solitamente dovuta alla coltivazione di terreno o dal servo della gleba al proprietario terriero o da parte del vassallo al signore feudale.
Quanto tempo ed energie potevano rimanere ad un bracciante agricolo alle prese con gli obblighi di corvè agricola ed il proprio sostentamento o meglio alla propria sopravvivenza, per coltivare le sue vigne se avesse anche la fortuna di possederne...?

Per gli irriducibili del consumo del vino, la generale povertà creava situazioni che inducevano a cercare una seconda fermantazione del vino utilizzando i resti della prima fermentazione, o facendo riposare in acqua le già esauste vinacce, le quali producevano un vinello annacquato e privo della grande quantità di sostanze nobili tipiche del vino di qualità!
Nel 1400 in Italia nascevano le prime denominazioni locali, cio a conferma di una radicale inversione di tendenza e che i clienti divenivano sempre più esigenti. Fino a tutto il 1300 le distinzioni dei vini erano perlopiù in bianco o rosso, molto corposi i primi ed invece non molto chiari per il bianco, considerato talvolta più raffinato come bevanda del rosso se era particolarmente limpido e chiaro. Al contrario, nell' alto medioevo era il rosso (potente e virile) il vino più importante e considerato, perchè appannaggio quasi per soli uomini e usualmente più consono alla metafora della coppa con il sangue di cristo. (Si ricercavano vini molto corposi o decisi per il rosso, preferito da comandanti militari e Cavalieri templari). Altrimenti, altra distinzione popolare era il "vino o di pianura o di collina", un po meno rinomato il primo e migliore il secondo.
Il "vinello" popolare era rosa pallido, a volte torbido, commistione di ogni varietà di vite (bianca , nera) mischiata per fare il più possibile quantità!
In pratica, mentre la classe nobiliare ed i ceti sociali elevati continuavano a bere eccelse produzioni, lo stesso non si poteva dire per la classe popolare. La scomparsa dell' impero romano inoltre, coincide con lo sviluppo del cristianesimo in occidente, con un clero che osteggiava l' uso del vino per la popolazione (ma attenzione: non per l' uso ecclesiastico o interno) inoltre l' avanzata bizantina di popolazioni mussulmane,(sinonimo di islamico) dall' altra parte, scoraggiò anche essa la coltivazione della vite sempre per motivi religiosi.

E vero quindi che il medioevo conoscerà una generale diminuzione del consumo del vino riguardo alla sua quantità globale, anche perchè soppiantato parzialmente da altre bevande "nordiche...?" come la birra (esistente già nell antico Egitto), almeno nel primo periodo chiamato Alto-medioevo.
Potrebbe ciò fare presupporre che il medioevo rappresenta un momento negativo della storia del vino...?

Una prima risposta a questa domanda potrebbe essere data a buona ragione da un altra domanda che obbliga però ad aprire una breve parentesi sul mercato attuale dei vini: Come è possibile che una nazione o territorio, con un calo generalizzato del consumo interno di vino, sia il produttore primo al mondo per quantità prodotta e per rinomanza tra il primo ed il secondo posto riguardo alla produzione di vini?

La risposta è semplice perchè non richiede l' esame di rapporti storici o di leggende.
Ad oggi il calo del consumo (degli italiani per esempio) di vino, dipende in parte dalla forte contrazione economica, ma anche dalle nuove regole sulla sicurezza stradale, (quasi tutti hanno oggi la patente di guida e bere vino significa praticamente, di non poter guidare.) Un esempio banale è la pattuglia della polizia o dei carabinieri all uscita di ogni festa paesana o di ogni manifestazione enologica. Cosa significa? Vuoldire che i mutati costumi sociali hanno cambiato il modo di consumare il vino!

Ma cosa c'entra tutto ciò con la storia del vino nel medioevo?

Sembrerebbe... ben poco! Ma conoscere queste informazioni ci da un primo implicito ed importante suggerimento: Non considerare, un periodo di calo dei consumi come ad un periodo del calo della conoscenza e tantomeno della qualità!!

Ritornando al periodo medievale, il credere che il calo dei consumi generalizzato del vino ( appartenente solo all alto medioevo,) sia corrisposto ad un calo della conoscenza e della qualità dei vini, corrisponde ad un errore macroscopico come il credere che in Italia (primo produttore al mondo) non si producano ad oggi, più buoni vini, perchè sono calati i consumi, infatti, a quel tempo, mentre i redditi popolari si abbassarono ed i cleri delle varie chiese ne ostacolarono la diffusione proletaria...
I vini italiani ricominciarono ad avere buon credito e ad essere esportati verso l'Europa Centrale. Col sopraggiungere dell'età dei Comuni Ca anno 1000 vennero adottate in Italia varie disposizioni per favorire la viticoltura e proteggerla da ogni sorta di danni come è testimoniato dagli Statuti comunali provenienti da ogni regione italiana.

1) Il calo di produzione riguarda solo una parte del periodo medievale, con un inversione di tendenza a tal punto che la produzione di vino divenne il secondo Business dopo la coltura dei cereali, in direzione del periodo rinascimentale, tanto che anche gli uffici comunali venivano chiusi nel periodo della vendemmia per non ostacolare i lavori in vigna. Intorno all'anno Mille i vigneti andavano aumentando e il vino a ad essere consumato in abbondanza, tanto da rendere necessarie severe misure contro l' l'ebbrezza, che lo stesso Papa Innocenzo III, nel Concilio de 1215, proclamava l' ubriachezza come un grave delitto.
2) Proprio il clero, con tempo disponibile e risorse necessarie alla produzione di vini di qualità, portatore inoltre, di cultura e di memorie scritte (la gente comune non sapeva scrivere ma loro sì,) si dimostrò molto attivo nella ricerca vitivinicola ed indispensabile per la creazione e conservazione dei manoscritti e trattati enologici di straordinario valore, (vedi "la nascita dello Champagne Dom Pérignon")
Furono soprattutto i monaci benedettini a occuparsi di vino e presso di loro, la scienza della viticoltura e della giusta vinificazione raggiunsero un grado di qualità molto elevato. Fu invece grazie ai monaci cistercensi in Francia, che regione della Borgogna iniziò a trasformarsi in una regione viticola.
3) L' alta borghesia e la aristocrazia in generale, "in primis" proprio i grandi latifondisti, ricercarono queste perle di conoscenza per sperimentazione o come status di consumo legato al loro ceto sociale, proprio la villa padronale di campagna nel piccolo feudo ed il castello, erano i centri del benessere, dei conviti, del tempo libero, e dove i padroni potevano ostentare agli invitati le produzioni dei loro poderi. Potevano permettersi e pretendevano qualità assoluta, inoltre avevano i loro scribi e cantinieri, impiegati proprio per conservare e custodire queste conoscenze.
4) Riprese l' impulso al consumo del vino, suggerito già nel IV secolo a.C. da alcuni scritti di Ippocrate, che lo consigliava assieme ad altre bevande alcoliche per combattere la febbre, come diuretico, come antisettico e aiuto nelle convalescenze. Altra fonte ricca e dettagliata sull’uso del vino come rimedio, è quella offerta nel periodo di Roma antica da Galeno medico personale di Marco Aurelio, nel suo De Rimediis ove dedica un lunghissimo capitolo alla terapia con ricette a base di vino. Suggerito poi dalla classe medica medievale (altra classe sociale colta ed interessata a conservare scritti enologici,) per evidenti scopi terapeutici, quindi all' uso del vino come medicamento o protettivo per una buona salute!

Insomma, a volerci credere, proprio il medioevo è "il" vero pozzo di conoscenza del vino, con il più grande bagaglio di memoria mai accumulato, ancora ben più antico... il corsivo è nostro, cosi speciale ed interessante crediamo noi, perchè più completo che nei periodi che lo precedono, eppure ancora autenticamente naturale ed incontaminato da chimica e tecnologie moderne, come in nessuna altra epoca mai più sarà!

L' enologia naturalistica è in forte debito con la conoscenza medievale, sia riguardo l' uso di tecniche colturali della vite, che di vinificazione e soprattutto, con sistemi che non hanno tolto mai nulla al potere salutare dei buoni vini naturali. Ma cosa si potrebbe mai cercare di più, da un approfondimento di questo misterioso "periodo dimenticato"?

Tutto ciò che è venuto dopo, la fine del periodo medievale, rappresenta semplicemente "modernizzazione" !

I tempi moderni, non sono un periodo "dimenticato" ma forse... "da dimenticare," (ci sì consenta l'opinione..) per tutti i ritrovati che hanno snaturato la reale natura del vino, fanno eccezione solo poche fortunate scoperte con il beneplacito di madre natura come l' introduzione dell' uso del tappo di sughero (elemento naturale) ed alcuni metodi per il trasporto e la conservazione del vino, come la nascita del vetro o meglio dell' uso della bottiglia di vetro nel 500. (l' uso del vetro appartiene in realtà già al periodo degli antichi romani ma le tecniche non erano adatte alla costituzione di vetri resistenti ed i costi inoltre erano ben più elevati del prodotto che contenevano, quindi solo a partire dal 500 si incominciò a imbottigliare e conservare il vino in recipienti di vetro. )

Qualche critico potrebbe sussurrare o obiettare" e vi sembra poco " una moderna rivoluzione dal punto di vista della conservazione dei vini?
La nostra risposta è carpe diem, che non vuoldire tanto "cogli l' attimo o momento fuggente" ma è un volersi porre fuori dal tempo per cogliere l' attimo di bontà nel momento che nasce... nel medioevo, il vino buono bisognava berlo subito, o meglio, quando era pronto, anche se poteva per certi periodi essere ben conservato!
Se e vero che queste tecniche di conservazione dei vini, (il tappo di sughero ed il vetro) sono nate dopo la fine del glorioso medio evo ed anche naturali, non intendiamo comunque indietreggiare per nulla sulla nostra filosofia del vino naturale o "medievale" ma crediamo a quanto sopra esposto, ed il prosequo del racconto ne chiarisce le nostre buone ragioni!
Le tecniche postume di conservazione del vino, sono per alcuni aspetti superiori, ma non sempre e non per forza. C'è da specificare che i medievali tini in pietra, le giare, il vello d'olio sopra il vino e le botti di legno, usati saggiamente, erano già degli ottimi strumenti di conservazione del vino!

Come si faceva il vino nel medioevo:

Non è un aforismo ne una massima, ma una incontestabile realtà medievale che la semplicità sposata alla natura, nella mano della rispettosa conoscenza, produsse il miracolo!
Non fu ne la moderna criomacerazione o i tini in acciaio inox o i solfiti aggiunti a produrre i vini più buoni o piu famosi della storia, ma una... cosa...
Una buona annata agraria,... ( e il buon Dio volle...) che un buon anno stagionale, con la fortunata gestione dei sapienti, a quel tempo ancora quasi sempre anziani agricoltori (i saggi) e gli ecclesiastici, partorì un vino che a lungo o memorabilmente fu ricordato...!

Questo dato di fatto vale sia per la bontà che per la lunga conservazione del vino.
Non è questo "il mistero medievale", ma molto poco se ne parla però, negli ambienti di ricerca moderni, semplicemente perchè nulla si può fare per cambiare ciò che il buon Dio dà nella stagione fruttifera.
Si!   Anche gli enologi moderni trovano più attraente parlare di tecniche di crescita, maturazione o correttive, piuttosto che sperare in una buona stagione agraria.
Questo è un preciso insegnamento, che i vecchi già riconoscono, e che nel medioevo rappresentava la regola: non tutti gli anni producono la stessa qualità e quantità di buon vino.
Unici interventi dell' uomo in vigna, nel contesto medievale, erano la sarchiatura - zappatura e rincalzatura intorno alle viti, l' aspersione delle uve con macerati e decotti di erbe per rinforzare le viti (ed inconsapevolmernte forse, proteggendole anche da attacchi fungini) e dagli insetti. Un leggero diradamento fogliare nella parte centrale della pianta in caso di eccesso di rigoglio e per ultima, la cernita delle uve migliori o ( vendemmia manuale con selezione delle uve sane) in caso di avversità metereologiche.
Questa non è la scoperta dell "acqua calda" ma una onesta e reale introduzione al mondo agrario medievale come era davvero. Rigido, a volte impietoso ed a volte speciale in tutte le sue sfumature.
Si poteva fare molto anche in anni avversi per avere un buon vino, ma come minimo a scapito della quantità. Regola scomoda questa, per chi in quel tempo sognava (come sì sogna oggi) sempre "molto e buono", ma che ha rappresentato nell' antico passato una strada obbligata, perchè sempre e comunque si doveva ascoltare l' andamento ciclico della natura con le sue sorprese e bizzarrie!

Un primo accenno su alcune condizioni nel campo per la coltivazione della vite e di vinificazione nell' alto medioevo, è che i terreni erano difficili da controllare in estensione e da proteggere dai furti da parte di uomini e dalle scorrerie degli animali selvatici. Era frequente la recintazione e o la vigilanza nel periodo di maturazione delle uve. Anche per questo, gli appezzamenti di terra adibiti a vigneto non erano molto grandi e la vite veniva impiantata (a volte) anche in modo molto fitto (si parla anche fino a 10.000. barbatelle per ettaro.) Il tipo di coltura più frequente era quello ad alberello, senza sostegni o con un unico palo libero per pianta. Le rese comunque non erano molto elevate, e si conosceva già la tecnica di lasciare solo pochi grappoli d' uva per pianta (come ad oggi dichiarano i moderni esperti) per favorirne la qualità ed ottimale maturazione.
Potare e gestire questo tipo di coltura richiedeva buone conoscenze botaniche, così che i vignaioli si guadagnarono uno rispettabile status di conoscitori agricoli. La raccolta nel terreno del feudo o della chiesa, veniva eseguita a mano selezionando le uve per il vino migliore ed il resto per i contadini o per la vendita nei mercati. La vendemmia veniva effettuata dalla tarda mattinata in poi, per evitare che l'uva fosse troppo umida dalla rugiada. Dopo la pigiatura il mosto macerava per una ventina di giorni assieme alle bucce. Ciò vale tanto per il vino rosso che per il bianco o misto.

Come Vinum herbes si producevano vini con infusioni di assenzio, mirtillo, rosmarino, cannella e chiodi di garofano per elencare solo alcune spezie, nonchè il miele. Anche altri frutti e bacche, diversi dall uva, posti a macerare portarono la nomina di Vino!

Nei vari periodi venirono promulgati molti editti di Re o anche di imperatori a tutela dell igiene del vino, per esempio Carlo Magno (periodo ca. 800 d.C.) per quanto riguarda il vino, emana norme (Capitulare de Villis) molto rigorose sull'igiene e sulla produzione con il divieto assoluto di pigiare l'uva con i piedi. Pratica che parzialmente riprese nei periodi seguenti.

Per aiutare la conservazione del vino, quando si impiegavano contenitori dal collo stretto, era già in uso il versare un sottile vello d'olio nel vino che galleggiando su di esso, forniva un eccellente protezione dal contatto con l' ossigeno.

I materiali impiegati per la nascita e conservazione del vino
"Salutem in primis," la Vitis Rupestris et Biturica, fra Pietra, Legno ed Aria di campagna, compiva il suo naturale corso...
Semplice, no? Non quanto può sembrare a prima vista.

La pietra:, se con la sua naturale predisposizione al mantenimento della temperatura costante e salvaguardia di alcuni aromi, era molto migliore dell acciaio, altrettanto non era la sua vocazione alla pulizia o igienizzaione, il che vuoldire un beneficio se... l' igiene era sufficiente.
Alcune pietre facilmente levigabili, venivano predilette rispetto ad altre. In taluni casi i contenitori per la fermentazione del vino erano integralmente scavati nella roccia con sforzi immani per ricavarne i recipienti o vinificatori.

Il legno: E implicito il sinonimo di Botte: di origini antichissime ed incerte, forse le prime botti erano semplicemente contenitori scavati dentro tronchi di legno. Segnaliamo il filosofo Diogene ( ca 400 a.C.) raffigurato all interno di una botte nella quale viveva, ed un dipinto risalente al 2700 a.C., rinvenuto in una tomba egizia, raffigurante già il mestiere del bottaio.
Nel periodo medievale, se non nei casi di ricercata qualità, le botti venivano costruite in varie qualità di legno, con cerchi anche essi sia in legno ma anche in ferro. I materiali erano decisi o scelti semplicemente a seconda della disponibilità locale, in tutta europa oltre al famoso legno di rovere o quercia, era frequente l' uso del legno di acacia gelso, ciliegio e di castagno, in alcuni casi l' ultimo, letteramente scelto e preferito alla quercia, con tostature e maturazioni differenti e comprensibili cessioni differenti di aromi al gusto dei vini.

Le botti venivano a volte impermeabilizzate con grasso per non perdere il prodotto,(non per i vini migliori). Il legno delle botti, oltre al compito di facilitare il trasporto del vino, assolveva all' importantissimo compito di permettere l' affinamento del vino mediante la micro ossigenazione permessa dalle sue doghe, e soprattutto rendeva i tannini aspri ed amari, da fermentazioni di bucce vinaccioli e spesso anche dei graspi delle uve, molto più docili al palato. Nascevano così i famosi vini dell epoca.

L'aria: Scriviamo sull' importanza del luogo dove si produceva il vino nel medioevo. Nel periodo alto e tardo - medievale si vinificava all' aria pura della aperta campagna, in apposite capanne (chiabotti nel norditalia o palimenti a cielo aperto nel centro-sud) che venivano costruite generalmente vicinissimo alle vigne e non in locali posti in paese o addirittura in città. Sembra che i nostri avi già sapessero che vinificare immediatamente dopo la raccolta e quindi vicino alle vigne, permetteva un naturale sviluppo di vini migliori.

Beninteso che non esisteva al tempo, l' inquinamento industriale, ma al massimo in paese, quello delle fornaci a legna o carbone per lavorare i metalli, la ceramica e per cuòcere i mattoni, di fatto, così il vino prodotto in campagna, si salvava anche da pericolosi difetti da fermentazioni indesiderate causate da batteri tipici delle zone abitate. Era gia consolidata l' abitudine di pulire gli attrezzi da lavoro in cantina per scampare dai resti di vino vecchio e dal flagello dei batteri acetici, soprattutto le botti venivano trattate ed altri contenitori preposti alla conservazione del vino, disinfettate e pulite con lavaggi di acqua e sale o cenere, oppure con fumi di zolfo (pratica già esistente anche in epoca romana che non ha nulla a che fare con i moderni solfiti) oppure si lavavano le botti con acqua bollente e infusi - decotti di piante aromatiche, che conferivano quindi anche un gusto particolare che veniva rilasciato poi al vino, dal loro legno. Nei villaggi non esistevano purtroppo le fognature e gli avanzi organici (quando qualcosa avanzava) erano dati in pasto agli animali da cortile, anche essi tutti in paese (galline cani e porci, oche ecc.) Mentre la campagna donava una naturale igiene, l' igiene in paese era un concetto praticamente sconosciuto.

Se escludiamo le buone produzioni dei nobili o dei latifondisti e quelle esclusive della chiesa, era prassi consolidata che in vigna non si doveva e poteva sprecare nulla. Il terrore di perdere o l' avere già perduto qualche annata agraria, impediva agli agricoltori comuni, neppure di sognarsi che si sprechi qualcosa, quando essi poteveno raccogliere (vendemmiare.) Così a macerare buone uve, venivano messe quasi sempre anche uve non del tutto mature, quelle colpite da grandine ed altre con qualche altro difetto. Da quì la nascita di vini sia pure discreti, ma che... non resistevano alla conservazione.

Il trasporto e la conservazione del vino è il problema che più affliggerà i commercianti medievali, ma meno i grandi proprietari terrieri e la chiesa, infatti, mentre era già un buon traguardo la durata di 1 anno di un vinello commerciale, da taberna o frasca, a volte si vendeva il medesimo vino a prezzi piu bassi già entro lo stesso anno, per paura dello scadere della qualità.

C'è da dire che nel medioevo avvenivano a volte delle sorprese del tutto naturali anche per i vinelli dei poveri contadini, gia peraltro descritte dall' enologo e scrittore italiano Luigi Veronelli, riguardo ai vini degli anni ( 70 ed 80 del 20° secolo) dei quali menzionava: A volte si incontrano casualmente, sconosciute eccellenze nel mondo del vino, dei vini veramente irripetibili, ma che non so se ri incontrerò, non so se torneranno di nuovo...
Ciò accadeva anche nel 20° secolo in modo un pò casuale o naturale, perchè era una questione di buona annata agraria, uve ben mature, non colpite ne da malattie ne da avversità meteorologiche, che dai buoni cantinieri venivano trasformate con i vecchi classici metodi, in "vini speciali"!

Allo stesso modo avvenne spesso anche nell' alto medioevo che in semplici Taberne (taverne) o frasche, più o meno anonime ed umili, vi si potessero incontrare dei vini assolutamente stupefacenti a prezzi alla portata di ogni viandante, e tenuti in alta considerazione anche da personalità importanti dell epoca come i militari, i cavalieri Templari, esponenti della chiesa ed addirittura da imperatori!

Una breve menzione riguarda un Vino Italiano bianco che tuttora porta il nome della sua storia: Est Est! Est!! che vuoldire c' è!
Il nome di questo vino deriva da una leggenda. Nell'anno 1111 Enrico V di Germania stava raggiungendo Roma con il suo esercito per ricevere dal papa Pasquale II la corona di Imperatore del Sacro Romano Impero. Al suo seguito si trovava (guardacaso) anche un vescovo, Johannes Defuk, intenditore di vini ed un coppiere di nome Martino che in avanscoperta cercò i vini migliori di ogni taberna di strada apponendo ad essa, il segno "Est" (c'è!) quando incontrava un buon vino. E si! Trovarono proprio in una Taberna un vino veramente speciale... tanto che il coppiere Martino vi fece apporre per ben tre volte la scritta "Est!", e al Vescovo De Fuk questo fatto, cambiò la sua futura esistenza... Al Link ulteriori dettagli del racconto e su quel vino Wikipedia - Est! Est!! Est!!!

Non erano molto sensibili al deperimento già al tempo di allora invece, i vini importanti delle cantine di alcuni latifondisti e della chiesa, soprattutto quelli fatti con tutti i migliori criteri del caso che erano: ( Maturissima et sanum fecit labruscas ) una buona maturazione delle uve e la selezione di quelle sane, una cessione importante delle bucce e a volte anche dei graspi e la cessione di tannini astringenti anche dei vinaccioli, nonchè la grande cessione di tannini delle botti nuove. Una buona igiene delle stesse, il riposo in cantine fresche, che davano adeguata protezione del vino dal caldo estivo, ed umide, per minimizzare le perdite da trasudazione del vino e di modo che le botti non avessero perdite provocate da disseccamenti esterni. Inoltre contava molto il tempo dato ai tannini più astringenti di ammorbidirsi mediante la fermentazione malolattica o, quella che chiamavano.. la fermentazione lenta.
Insomma, in botte, il vino doveva restarvi per molto tempo!
Si ha notizia di leggendarie degustazioni di vini con oltre cento anni di età... forse un eccesso, si potrebbe pensare, ma ciò è stato ed è realmente possibile!

Il torchio:
L'invenzione del Torchio è circondata da mistero ma si crede che risalga a circa il 100 a.C. e provenga dalla antica Grecia come simbolo tecnologico usato proprio in enologia. ( Altre teorie riportano piste caucasiche per la scoperta del torchio, ancora ben più antiche) Veniva utilizzato nell' europa medievale per i vini, ma dal ca 1200, anche per le prime stampe su carta e filigrane. Il torchio è un altro antico strumento tipico, usato in tutto il periodo medievale e che rimane fino al 900 del secolo scorso praticamente identico. Le versioni sono molte per dimensione ma il principio è sempre lo stesso, cambiava a volte il modo di esercitare la pressione, con grandi filettature in legno, più tardi comunemente in ferro, oppure mediante l' apposizione di adeguati pesi che esercitavano la funzione di premere sulle bucce (e graspi) per estrarre dai resti delle uve il prezioso succo.

Il torchio rappresenta nel medioevo l' emblema dell attrezzo da cantina, ma al contempo è espressione di 2 modi di interpretare la nascita del vino, diametralmente opposti.

1) La torchiatura soffice delle bucce per estrarre i preziosi e protettivi tannini ed una ulteriore piccola parte di pigmenti dell bucce d'uva non cedute dal processo di fermentazione, per dare al vino il massimo della qualità e potere conservante.
2) La seconda, terza e quarta spremitura, dalle quali derivavano vini di qualità inferiore, soprattutto per i sapori, inevitabilmente più amari ed astringenti, e tantopiù mediocri quando a queste spremiture, si aggiungeva acqua per una seconda fermentazione o correggerne il sapore e la quantità. In pratica il torchio, rimane uno strumento simbolo di qualità del vino ma allo stesso tempo è soggetto ai grandi timori medievali quali le avversità metereologiche e la carestia, che, allontanandosi dalle produzioni d'elite, ne spingono un utilizzo via via per lo sfruttamento anche estremo delle uve, ed evidenti risultati di scarsa qualità.

Il tempo non veniva calcolato con l' orologio, ma con l'alba, il tramonto, le stagioni fruttifere o della raccolta e quelle del riposo, gli impegni in campagna e le feste tradizionali, o con gli impegni canonici. Un ora poteva durare oltre 70 minuti, ma anche solo ca 35 minuti a seconda che fosse estate o inverno, giorno oppure notte. Solo nel XIV secolo, con la nascita dei primi orologi meccanici, si incomincia a calcolare le ore in egual misura.

La vendemmia non era un semplice impegno lavorartivo, ma un vero e proprio evento che coinvolgeva uomini e donne, sia vecchi che ragazzi, i quali tutti insieme festeggiavano sia durante che dopo il lavoro nella vigna. I mosti si trasformavano in pochi giorni in vinelli leggeri che venivano consumati da tutti, senza distinzioni di classe o età.

Questo stile di vita ciclico in piena armonia o simbiosi con l' andamento stagionale, le pratiche agricole e le festose ricorrenze, dava all' essere umano sensazioni che oggi forse non si ritrovano più! Lo stress non esisteva, seppure non mancavano i lavori pesanti, un più grande attaccamento al divino ed alla religione in generale, valori morali e sentimenti forti... Lo stato di vera buona salute insieme alla quantità di distrazioni alquanto modesta, rendevano il consumo del vino in ogni festa popolare un qualcosa di particolarmente atteso e gioioso.

Questa breve introduzione storica che coglie molti aspetti della vita medievale, permette un inquadramento della situazione riguardo al clima del tempo, ma anche culturale, entrambi responsabili dei cambiamenti dei costumi e degli usi riguardo il consumo del vino!


La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità,
vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità.
– Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis. -

Marco Tullio Cicerone (106 a.C. – 43 a.C.)
Vini biologici senza solfiti: Vino medievale